Walter GROPIUS, Siedlung Siemensstadt, Block II, Berlin-Spandau / Berlin-Charlottenburg, 1929-1930





Il complesso della Siedlung Siemensstadt, nonostante la denominazione, non è di proprietà del gruppo industriale della Siemens, che non fu coinvolto né nella pianificazione né nel finanziamento per la sua realizzazione. La Siedlung deve la sua esistenza al programma edilizio della città di Berlino, in particolare alle idee progressiste dell’assessore Wagner, che intendeva dare "ad ogni tedesco un’abitazione dignitosa". Per motivi economici venne scelta una vasta area alla periferia delle città, ai confini del parco Jungfernheide, delimitata a nord dalla Heckerdamm che la divide dal parco, a est dalla Geißlerpfad e dalla Goebelplatz e a sud dalla Mäckeritzstraße/Popitzweg; all’interno erano già presenti gli assi stradali N-S della Jungfernheideweg e E-O della Goebelstraße. Il lato meridionale confinava con edifici preesistenti sorti attorno alla fabbrica Siemens. La zona industriale della Siemens, che negli ultimi anni si era notevolmente espansa, suggerì di continuare l’edificazione proprio su quest’area. Inoltre l'area era ben servita dai mezzi pubblici e si trovava vicina ai luoghi di lavoro. La presenza della S-Bahnhof Wernerwerk, oltre alle linee tramviarie esistenti, assicuravano un veloce e comodo collegamento col centro città e con le fabbriche. Oltre a tutti questi vantaggi, la quasi totale assenza di preesistenze avrebbe permesso agli urbanisti e agli architetti di creare un piano edilizio corrispondente alle esigenze abitative contemporanee. L’intervento fu commissionato dalla Gemeinnützige Baugesellschaft Heerstraße mbH (dal 1936 GSW), una cooperativa edilizia nata senza scopo di lucro, che per il suo finanziamento utilizzò le recenti leggi fiscali approvate dal Governo socialdemocratico. Mentre a Scharoun venne affidato il compito di elaborare un piano urbanistico, Gropius ebbe quello di dirigere l'edificazione attraverso progetti concertati tra vari architetti. L’ambizione di portare "luce, aria e sole" a tutti gli strati sociali, poteva essere raggiunta attraverso le costruzioni in linea, allora ancora poco sperimentate. Per raggiungere un ottimale soleggiamento degli alloggi, gli edifici furono quasi tutti rigorosamente orientati in direzione N-S, paralleli tra loro, con la zona notte a est e la zona giorno a ovest. Dal punto di vista formale, le varie unità edilizie mostrano l'intera gamma del Razionalismo tedesco, che va dal funzionalismo geometrico di Gropius allo stile più espressivo di Scharoun, fino alla forme organiche di Häring. Gli edifici variano da due a cinque piani (in gran parte sono di quattro piani), sono isolati e con tetti piani. Negli edifici a quattro piani l'altezza raggiunge i 16 mt, mentre la distanza tra le varie unità è di 28 mt. Le facciate poggiano spesso su un basamento di laterizio; sono lisce e intonacate, per lo più di bianco, o decorate con rivestimenti in klinker; i prospetti anteriori, di gran lunga più attraenti, sono più elaborati di quelli posteriori. Tutti gli architetti hanno cercato, nonostante i rigidi regolamenti edilizi della città di Berlino, di creare alloggi dalle piante e dai tagli diversificati. Le unità abitative variano dai 48 ai 70 mq; ad esse sono state assicurate condizioni igieniche di alto livello. Luminosità, soleggiamento, areazione, organizzazione spaziale (planimetria, disposizione di finestre, porte, vani scala, cucine e corridoi), impianti tecnici e costi, confermano i grandi sforzi compiuti nel campo dell’edilizia sociale. Disponevano di bagno e toilette interna, riscaldamento centralizzato e acqua calda (per questo motivo la Siedlung era lodata come "la città senza fumo"), balcone, loggia e, spesso, anche del solarium comune. Il balcone, o la loggia, di solito molto piccoli, non erano concepiti come semplici annessi dell’abitazione, ma come elemento in collegamento spaziale col soggiorno che permetteva di aprire l’appartamento verso gli spazi verdi esterni. Nonostante la loro moderna concezione architettonica, gli edifici sono stati costruiti utilizzando tecniche tradizionali in muratura portante di mattoni pieni. L’obiettivo di creare case sane a prezzi accessibili, escluse la possibilità di mettere alla prova su vasta scala le nuove tecniche costruttive in cemento armato o con elementi prefabbricati.

Walter GROPIUS, BLOCK II, 1929-1930
Gropius ha elaborato il Block II, lotto composto da tre edifici in linea di diversa lunghezza. Si tratta di tre unità a quattro piani parallele e perpendicolari tra loro, poste presso l'incrocio principale dell’insediamento (tra Goebelstraße e Jungfernheideweg), che, anche per la presenza di alcuni negozi al dettaglio e dell’ufficio postale, può essere considerato il centro del quartiere. I tre edifici, tutti trattati con intonaco chiaro su un basamento in klinker rosso, mostrano profili netti e forme geometrizzate senza alcun elemento decorativo. Il lungo edificio sulla Jungfernheideweg prosegue visivamente quello realizzato da Scharoun prima del sottopassaggio. Si sviluppa fino all’incrocio Schuckertdamm/Heckerdamm e colpisce soprattutto per la sua lunghezza e per la sua forma chiara e semplice. Sul lato stradale, le finestre, tutte dello stesso formato e combinate con rivestimenti in klinker, strutturano la facciata in fasce orizzontali. I vani scala vetrati, arretrati dal piano della facciata, strutturano il prospetto in 13 sezioni tutte uguali tra le loro; essi sporgono al di sopra dei tetti piani, conferendo un accento ritmico verticale al prospetto longitudinale. Sul lato occidentale, rivolto verso il vasto giardino interno, dal piano della parete sporgono coppie di logge vetrate simili ad ampie finestre. Qui si affacciano le unità più grandi da 3,5 vani (55 mq). Destinate a famiglie numerose, si pensò di strutturare le planimetrie in modo da permettere di entrare nelle singole stanze senza passare attraverso le altre. I soggiorni sono rivolti sul giardino, le camere da letto verso est. Gli alloggi più piccoli sono composti da 2,5 vani (45 mq). Nonostante la presenza della lavanderia di quartiere, Gropius, come anche Scharoun, installò nel piano sottotetto lavanderie e spazi comuni per l’asciugatura, leggibili in facciata per la presenza di finestrelle a feritoia. Particolarmente innovativa è stata la soluzione angolare sulla Goebelstraße; qui, per evitare il più possibile la situazione di luce sfavorevole che si crea negli angoli degli edifici in linea, l’architetto ha previsto un blocco ad un piano per negozi, che funge anche da elemento di collegamento verso l’altro suo breve edificio su Goebelstraße. Questa soluzione angolare verrà spesso ripresa nella Germania nel Dopoguerra. L’edificio più corto è caratterizzato per la presenza della sequenza loggia-finestra che struttura il prospetto in asole orizzontali; lo stesso vale per il prospetto sul retro composto da ballatoi. Il blocco edilizio realizzato sul lato orientale di Jungfernheideweg ha una conformazione simile a quella dell’edificio che si trova di fronte. È orientato in direzione N-S ed è parallelo alla sequenza degli edifici in linea realizzati nella parte posteriore da Häring. L’area della socializzazione, come nell’edificio maggiore, è stata assegnata, in particolare, al tetto-solarium. Di fronte a questo edificio, sul lato stradale, c’è un’ampia striscia verde; su quello posteriore alberi secolari lo separano dalle stecche di Häring; a nord confina con la Hermann-Löns-Grundschule. Durante la II Guerra mondiale il blocco dei negozi venne distrutto e poi ricostruito in modo però più semplificato e non soddisfacente. Per questo motivo, questo settore venne rifatto da Hilmer+Sattler nel 1991-1992 attenendosi fedelmente all’originale. (testo e immagini di Pierluigi ARSUFFI, tutti i diritti riservati)




Hugo HÄRING, BLOCK III, 1929-1930
A Häring venne assegnata la vasta area posta sul lato settentrionale della Goebelstraße. Qui progettò nove edifici in linea a quattro piani lunghi circa 80 mt, paralleli tra loro e rigorosamente orientati lungo l’asse N-S, le cui teste seguono l’andamento leggermente curvo della strada. Essi, ampiamente separati tra loro da spazi verdi, si trovano tra quello di Gropius sulla Jungfernheideweg e quello di Forbat sulla Geißlerpfad. Nel progetto iniziale le teste dovevano essere collegate tra loro da edifici ad un piano adibiti a negozi di quartiere (non realizzati). Questi edifici sono tra i più originali dell’intera Siedlung. Furono elogiati già dalla critica contemporanea, in quanto l’architetto era riuscito a trovare una particolare armonia tra espressività e monumentalità. Le facciate rivolte verso ovest sono animate da sofisticati effetti architettonici dovuti sia alle particolari forme organiche dei balconi, che all’uso dei materiali. Nei primi tre livelli sporgono balconcini semiovoidali la cui forma è nata dalla volontà di sporgere il più possibile verso il verde, ma nello stesso tempo di ridurre le ombre portanti. Su di essi si aprono i soggiorni in modo tale che i balconcini ne diventino un suo ampliamento esterno. Questi balconcini hanno un rivestimento esterno in mattoni color ocra; sovrapposti su tre piani e ripetuti per 11 volte, conferiscono alla facciata rosata un ritmo ondeggiante. Anche il piano sottotetto è rivestito in klinker in modo da conferire all'edificio un colore più caldo. Tra i balconcini sono situati i vani scala che conducono fino al tetto, conferendo un accento verticale al prospetto. Nel piano sottotetto vennero realizzate lavanderie comuni e asciugatoi. Al contrario del prospetto principale, quello orientale ha un aspetto rigoroso e severo, strutturato solo dai pluviali e dalle grandi finestre delle camere con cornici appena sporgenti dalla parete; anche qui il piano del sottotetto è ricoperto in klinker. Con questa soluzione Häring è riuscito ad evitare, con mezzi molto semplici, una superficie monotona e piatta. In tutte le unità edilizie, gli alloggi hanno una superficie di 58 mq, con doppia esposizione, camera da letto e bagno verso est, soggiorno, cucina e ingresso verso ovest. Già nel 1951, i notevoli danni subiti durante la II Guerra mondiale furono riparati in modo esemplare nel rispetto del loro aspetto originale. (testo e immagini di Pierluigi ARSUFFI, tutti i diritti riservati)




Fred FORBAT, BLOCK IV, 1929-1931
Le case in linea di Forbat concludono l'insediamento sul lato orientale. Sono tre unità edilizie consecutive tra loro, ma ognuna con caratteristiche proprie. Con grande cura per i dettagli, l’architetto è riuscito a realizzare un’architettura variegata. L’unità più corta, realizzata nel 1929-1930, si affaccia sulla Geißlerpfad chiudendo la sequenza delle stecche parallele di Häring. Sull’angolo Goebelstraße/Geißlerpfad sporge un corpo ad un piano a pianta ellittica contenente alcuni negozi al dettaglio; altri negozi sono disposti nel corpo quadrato sulla testa settentrionale, la cui funzione visiva è quella di collegare la prima unità edilizia col corpo maggiore più a nord. Il lato sulla Goebelplatz presenta in tutto il piano terra un rivestimento in mattoni che prosegue nei due piccoli blocchi commerciali. Questo fronte è strutturato plasticamente dalla sequenza di cinque corpi-scala arrotondati e leggermente sporgenti. Completamente intonacati di bianco, interrompono il basamento rosso-bruno del pianoterra conferendo al blocco edilizio, insieme alle strette vetrate, una netta strutturazione verticale. Il lato sul giardino è meno definito plasticamente; è strutturato per tutta la lunghezza da logge doppie intervallate da coppie di finestre quadrilatere. Nella seconda fase di lavoro (1930-1931) vennero eseguiti i due corpi settentrionali. Qui Forbat progettò un edificio-ponte di quattro piani che separa l’ampia striscia centrale a verde dalla Geißlerpfad. Questo corpo è fisicamente unito, ma sfalsato in avanti, alla terza unità edilizia che si sviluppa verso nord fino alla Heckerdamm. È a tre piani ed è leggermente piegato rispetto al corpo centrale. Queste due unità hanno le facciate pubbliche meno plasticamente definite rispetto alla prima unità; sono strutturate dai vani scala geometrici leggermente sporgenti e dalle tettoie degli ingressi. Il retro del corpo centrale è caratterizzato dalla disposizione, sull'intero prospetto, di logge geometrizzate divise tra loro solo da sottili setti in laterizio. Il corpo settentrionale, unico caso in tutta la Siedlung, riunisce al suo interno alloggi di diverse tipologie con dimensioni variabili fra i 46 mq e i 72 mq. Sono presenti anche alcuni piccoli appartamenti con due camere e soluzioni spaziali variabili in funzione delle diverse esigenze abitative. La facciata rivolta verso il corpo in linea di Henning è simile a quella del corpo meridionale, ma strutturata dalla sequenza formata da un balconcino leggermente sporgente, una loggia, due ampie finestre rettangolari. (testo e immagini di Pierluigi ARSUFFI, tutti i diritti riservati)




Rudolph HENNING, BLOCK V, 1930-1931 / 1933-1934
L’intervento di Henning (uno scultore legato all’Espressionismo) occupa il lotto settentrionale della Siedlung e si compone di sei edifici in linea paralleli tra loro e rigorosamente orientati in direzione N-S. I lavori iniziarono nel 1930 ed entro il 1931 furono completati i quattro edifici orientali. I primi tre sono tutti uguali tra loro e si compongono di due unità leggermente sfalsate e inclinate tra loro. L’unità sud è a tre piani, quella nord a due. Le stecche sono immerse in ampie superfici a verde che proseguono negli spazi naturalistici del Volkspark Jungfernheide, che si trova proprio di fronte, separato solo dalla Heckerdamm. Fu proprio per addolcire il passaggio edilizia-natura che su questo lato fu utilizzata la tipologia a due piani. Contengono alloggi-tipo da 2,5 stanze con superficie variabile dai 52 mq ai 62 mq. Gli appartamenti più grandi si trovano nelle teste meridionali dei corpi di fabbrica; qui i soggiorni e le stanze si affacciano su finestre a nastro che, oltre alla vista sul verde, offrono il massimo di spazio e luce. Nelle unità a due livelli, i residenti dei piani superiori avevano a disposizione una sezione della terrazza-solarium sul tetto, che, su richiesta del distretto, veniva attrezzata anche per i malati del quartiere; quelli dei piani inferiori, invece, potevano utilizzare i prati. Il quarto edificio verso ovest è a quattro piani; è più compatto e più corto rispetto ai primi tre. Il fronte ovest delle quattro unità evidenzia la formazione come scultore di Henning; qui sono presenti balconi rettangolari i cui angoli arrotondati avvicinano la facciata ad una scultura "architettonica". Gli ingressi si trovano sulle facciate piatte ad est. Nel 1933-1934 l’architetto estese la fabbricazione verso ovest con altri due blocchi edilizi speculari tra loro. Siccome la seconda fase di costruzione fu realizzata nell’ambito dei normali sistemi di finanziamento, la qualità architettonica dovette sottostare ai rigidi requisiti della proprietà; gli edifici furono eseguiti ancora con i tetti piatti, ma senza né logge né balconi o terrazzi-solarium, unico caso nell’intera Siedlung. Nel suo insieme le stecche di Henning riprendono materiali e proporzioni dei blocchi di Häring, con i quali dialogano formando, anche se leggermente sfalsati, una composizione intonata sia volumetricamente che cromaticamente. (testo e immagini di Pierluigi ARSUFFI, tutti i diritti riservati)




Otto BARTNING, BLOCK VI, 1929-1930
A Bartning venne assegnato il lotto più infelice della Siedlung, quello dalla forma lunga e molto stretta, disposto tra Goebelstraße e il tracciato della S-Bahn. L’unica soluzione era quella di creare un lungo fabbricato, ma in direzione E-O, in contraddizione con l’orientamento N-S, allora ritenuto ideale per gli edifici in linea. L’andamento leggermente curvo di questo tratto della Goebelstraße è stato determinato dalla preesistente linea tramviaria. Fu quindi la situazione urbanistica a definire la soluzione elaborata dall’architetto. L’intervento consiste in un lungo blocco ricurvo composto da 28 sezioni a quattro piani, tutte uguali tra loro. Il lunghissimo fronte stradale, sobrio nelle forme e nei colori, è piatto e semplicissimo, mosso solo dalla sequenza delle tettoie sporgenti d’ingresso e dai vani scala vetrati. Le ampie finestre accentuano ulteriormente l’andamento orizzontale della costruzione concava. A causa della sua lunghezza (quasi 380 mt) e della sua estrema austerità e monotonia, la costruzione venne denominata già dalla critica contemporanea "Langer Jammer" (il lungo lamento). L’edificio, interrotto solo una volta dal passaggio verso la centrale termica, inizia dalla Jungfernheideweg con un corpo di testa a due piani per piccoli negozi. In netto contrasto con la facciata sull’asse viario, il prospetto sud, che si affaccia su ampi spazi verdi e sull’area giochi per bambini, è invece vivacizzato dalle sporgenze dei balconi colorati disposti ritmicamente. Per l’insolito orientamento dell’edificio, Bartning ha cercato di dare una soluzione interna originale; sono presenti alloggi-tipo di 45/50 mq costituiti da due ambienti (stanza da letto e soggiorno) rivolti a sud, bagno e cucina abitabile (rivolti a nord). Le cucine si affacciano su grandi finestre, i soggiorni su porte doppie. Durante la II Guerra mondiale la parte orientale dell’edificio fu gravemente distrutta; la ricostruzione venne eseguita da Scharoun, che lo prolungò di 3 sezioni. A chiusura dell’edificio, nei pressi della Goebelplatz, Scharoun aggiunse, nel 1956-1958, anche la Laubengangwohnhaus (un edificio residenziale a ballatoio). La Siedlung Siemensstadt è stato uno dei primi insediamenti berlinesi ad essere dotato di un proprio impianto di riscaldamento. Sebbene tutte gli edifici fossero attrezzati con proprie lavanderie e relativi asciugatoi, al centro dell’area verde, tra l’edificio e il terrapieno della ferrovia, Bartning inserì il fabbricato in mattoni contenente la centrale per il riscaldamento e la lavanderia di quartiere (Heizung+Zentralwäscherei). Il riscaldamento centralizzato consentì un maggior sfruttamento degli alloggi, in quanto, col venir meno delle stufe, si poterono guadagnare 3 mq. Con la connessione del quartiere con la rete di teleriscaldamento della BEWAG, avvenuta alla fine degli anni Cinquanta, la centrale termica perse la sua funzione e venne chiusa e l’alto camino demolito. (testo e immagini di Pierluigi ARSUFFI, tutti i diritti riservati)