Hugh STUBBINS, Kongresshalle (ora Haus der Kulturen der Welt), Berlin-Tiergarten, 1956-1957




L'edificio è stato realizzato su iniziativa delle autorità degli Stati Uniti per l’Internationale Bauausstellung Berlin 1957, proseguendo un’azione che li aveva portati a finanziare diversi edifici culturali nella Germania Ovest. L’opera, che avrebbe dovuto essere la sede della Benjamin-Franklin-Stiftung, doveva configurarsi come un simbolo dell'amicizia tedesco-americana. L’interno conteneva il Centro congressi che doveva fungere da luogo per il libero scambio di opinioni, ed ospitare manifestazioni artistiche, scientifiche, economiche e politiche. Secondo la committenza, l’opera doveva rispondere, oltre che a requisiti funzionali, anche a una concezione simbolica, riassunta nella frase: "libertà di pensiero e di espressione". Per mettere in pratica plasticamente questo concetto venne scelto Stubbins, un architetto dell’avanguardia americana, già allievo di Gropius, col quale lavorò dal 1935 al 1943. Per questo incarico aveva elaborato un'architettura organico/costruttivista caratterizzata da spazi dinamici e forme plastiche, che mise in pratica in questo progetto, realizzato in soli quindici mesi. La costruzione si trova ai bordi settentrionali del Tiergarten, tra il verde del parco e le rive della Spree, nei pressi dell’attuale quartiere governativo. L’edificio fu considerato tecnicamente rivoluzionario, creativamente spettacolare e all’avanguardia. Si innalza su un’ampia piattaforma a due piani di 92x96 mt; la superficie superiore è libera e si collega al parco mediante un’ampia scalinata scoperta. Tra l’ingresso principale e la John-Foster-Dulles-Allee è stato ricavato un laghetto artificiale quadrato con bacino d’acqua, fontane e una scultura di Moore. La caratteristica architettonica più spettacolare è la copertura concava su pianta ellittica. Essa si apre in due direzioni tendendo la struttura di copertura con un effetto fluttuante nell'aria. La sollecitazione lineare viene scaricata su due archi divergenti ribassati in cemento armato con punti comuni di appoggio. L’edificio venne inizialmente definito "Leuchtturm der Freiheit" (Faro di libertà) in quanto irradiava i valori dell'Occidente verso l'Oriente; fu questo il motivo per cui fu eretto su un basamento, in modo tale che il suo profilo fosse visibile anche da Berlino Est. La costruzione, se vista da lontano, si presenta come una specie di grande "scultura organica" che sembra ricordare la forma di una conchiglia. L’eccessiva spettacolarizzazione delle forme esteriori hanno però limitato l’aspetto funzionale e la spazialità interna. Come tutte le altre costruzioni dell’Interbau, anche questa non è mai riuscita a legarsi con l’ambiente berlinese. L’opera, certamente futuristica, non resistette alla prova del tempo, e parte del soffittò crollò nel 1980 per l’eccessiva tensione a cui erano sottoposti i materiali impiegati, in particolare i cavi d’acciaio precompresso. Dopo molte polemiche, nel 1985 si decise per la sua ricostruzione sotto la direzione di Störl e Borchardt, ma con materiali più resistenti. La nuova inaugurazione avvenne nel 1987 in occasione del 750mo della fondazione della città di Berlino. Per gli spazi interni, i due architetti si sono ispirati al progetto originale di Stubbins. I tre livelli ospitano ora una grande sala di ricevimento, un bar, un teatro con 400 posti e sale per conferenze e incontri. Il tetto è sostenuto da due ancoraggi d’acciaio. Dal 1989 è sede della Haus der Kulturen der Welt, e da allora è diventata un forum per dialogare con le culture di tutto il mondo, soprattutto con quelle provenienti dall'Africa, dall'Asia e dall'America latina. Dopo costosi lavori di ristrutturazione, il complesso è stato riaperto per la terza volta nel 2007. La grande sala con 1250 posti è oggi dotata di un sistema di proiezione d’avanguardia. Offre un palco per spettacoli teatrali, presentazioni di film, letteratura, congressi, esposizioni e altre manifestazioni. Per aprire l’edificio alla città, nella facciata lungo le rive della Spree è stato ricavato un Garten-Café. (testo e immagini di Pierluigi ARSUFFI, tutti i diritti riservati)