Hans SCHAROUN, Staatsbibliothek zu Berlin, Berlin-Tiergarten, 1967-1978




Nel 1964 Scharoun vinse il concorso per la creazione della Staatsbibliothek su un grande lotto triangolare abbandonato, che si trovava a ridosso della "terra di nessuno", nei pressi della Potsdamer Platz. In quegli anni l’area del futuro Kulturforum era quasi completamente deserta e abbandonata, e la separazione tra le due città sembrava una realtà immutabile. L’architetto utilizzò questa circostanza in termini creativi voltando le spalle del suo edificio alla metà orientale, concependolo come confine fisico/simbolico tra il Kulturforum e il Muro. Nel 1966 venne deciso di integrare nel progetto l’Ibero-Amerikanische Institut. Dopo la morte di Scharoun (1972) la costruzione fu proseguita e ampliata, con alcune modifiche, dal suo collaboratore Wisniewskij. Fin dall’inizio l’edificio fece scalpore per il suo linguaggio drammatico, critico verso le rassicuranti forme geometriche dell'architettura borghese. L’insieme è concepito come una metafora della condizione urbana della Berlino della guerra fredda, come un simbolo della città divisa e lacerata. La composizione della parte anteriore è formata da un intrico di volumi trapezoidali e poligonali, la cui strutturazione orizzontale è caratterizzata da superfici spezzate. Dal basso verso l’alto si susseguono i corpi recedenti ricoperti in granito delle sale di lettura e delle conferenze, dei foyer, degli uffici amministrativi (a nord) e i corpi edilizi dell’Ibero-Amerikanische Institut (verso il Landwehrkanal). La copertura di questo settore non è piatta, ma mossa da piramidi di vetro e shed di tipo industriale. Già da lontano è visibile la sagoma dell’enorme volume del Magazin alto ben 42 mt, dalla forma vagamente tronco-piramidale. Mentre sulla Potsdamer Straße emergono i volumi irregolari del basamento, il retro cade invece a strapiombo. Le superfici esterne di questo volume sono rivestite da pannelli in alluminio anodizzato, il cui il colore dorato allude simbolicamente al "tesoro" di libri contenuto al suo interno. Con i suoi quasi 230 mt di lunghezza, la costruzione ricorda la sagoma di una nave; proprio per questo motivo il complesso fu spesso definito una "Bücherschiff" (nave dei libri). Come tipico della produzione di Scharoun, anche in questo caso la facciata è talmente modesta che spesso i visitatori non trovano l’ingresso. Solo nel 2001 venne aggiunta sulla tettoia la scritta "STAATSBIBLIOTHEK ZU BERLIN", resa necessaria dopo la costruzione dei nuovi edifici attorno alla Potsdamer Platz. L'eccezionale organizzazione spaziale e funzionale interna ne fa un punto di riferimento obbligato ancora oggi nella progettazione delle biblioteche. Dal foyer partono le scale che portano alla grande sala di lettura su pianta pentagonale, simile a quella della Berliner Philarmonie, e come questa dall’acustica perfetta. L’ambiente è uno spazio aperto, suddiviso irregolarmente e disposto su più livelli. Il piano rialzato scende dolcemente verso il livello del Kulturforum. La parete vetrata continua apre la sala verso la struttura terrazzata esterna, in modo tale che il lettore ha quasi la sensazione di trovarsi all’aperto. Il soffitto è dotato di 200 ampie aperture schermate dal diametro di 2,5 mt, grandi diffusori circolari che sembrano sospesi nel soffitto come nuvole luminose. L’interno si caratterizza per fluidità e complessità spaziale; la sua forma unitaria è stata costruita per creare un ambiente accogliente e silenzioso in cui lavorare e istruirsi inondati dalla luce naturale. Le diverse altezze e i livelli sfalsati permettono di vivere continuamente nuove impressioni spaziali, in quanto lo spazio è strutturato in diverse zone che si aprono e si fondono tra loro senza pareti divisorie. Terrazzamenti scaglionati e matronei collegati tra loro da scale, rampe arrotondate, muretti alti 1 mt e gradini di varie dimensioni e andamenti formano il "Leselandschaft" ("paesaggio" della sala di lettura). Solo dopo la caduta del Muro, la Staatsbibliothek si è trovata di nuovo nel cuore della città; oggi è la più grande biblioteca scientifica tedesca. (testo e immagini di Pierluigi ARSUFFI, tutti i diritti riservati)