Frank Owen GEHRY, DZ Bank, Berlin-Mitte, 1997-2001




È la nuova sede della Deutsche Zentral-Genossenschaftsbank, per la cui realizzazione Gehry vinse il concorso internazionale del 1995. Realizzata nei pressi della Brandenburger Tor, la costruzione si affaccia sulla severa Pariser Platz, quasi completamente riedificata negli anni Novanta. Occupa uno stretto lotto rettangolare tra l’Akademie der Künste e l’Ambasciata degli USA. L’edificio è in realtà ad uso misto, in quanto avrebbe dovuto ospitare, oltre agli uffici della banca, anche una sala conferenze, un casinò, un blocco con 39 appartamenti di lusso. Per la scelta dei materiali, l’architetto ha utilizzato la pietra di Vicenza, per il suo colore dorato molto simile a quello della vicina porta storica. Il complesso si compone di tre parti: il blocco sulla piazza, l’atrio centrale, il blocco sulla retrostante Behrenstraße. Su Pariser Platz si trova l’ingresso alla banca con gli uffici ai piani superiori. Secondo le rigide normative edilizie berlinesi, si doveva erigere una struttura in stile classico, in linea con la tradizione architettonica della piazza. Per ricreare l’effetto della piazza ottocentesca, si dovevano mantenere gli stessi rapporti tra pieni e vuoti degli antichi edifici. Seguendo questi vincoli, Gehry ha realizzato una struttura a cinque piani scandita dalla giustapposizione di strutture portanti ricoperte da lastre in pietra e ampie finestre con parapetti in vetro. La facciata è però mossa dalle ampie vetrate inclinate dei quattro livelli superiori, che contribuiscono a dare all'insieme un carattere lineare ed elegante. L’ultimo livello riprende il tipico motivo dell’edilizia berlinese del piano arretrato. Superata la facciata si entra in una corte di 61x20 mt, i cui lati sono formati da una struttura lignea geometrica, sui cui prospetti a sei piani si affacciano gli uffici della banca, serviti da ballatoi. La base è costituita dal "Glass Floor", un guscio di vetro posto all'altezza dell’entrata, la cui forma rigonfia dà l’idea di una superficie di ghiaccio sospesa nel vuoto. Questa membratura trasparente divide la corte dallo spazio interrato (in origine destinato al casinò) consentendone l’illuminazione e la vista dall'alto. La copertura è costituita dall’"Atrium Skylight", un’altra superficie trasparente di 1.120 mq, formata da un reticolo triangolare in acciaio e vetro, che copre l'atrio all'altezza della linea di gronda interna. La sua forma arrotondata, se vista da lontano, in particolare dalla cupola del Reichstag, sembra formare un enorme pesce di cristallo, tema più volte ripreso da Gehry. Una terza superficie vetrata si trova sul lato che separa la corte dal blocco residenziale; ha una forma leggermente convessa e fronteggia la parete del blocco residenziale, ricevendo luce dall’alto attraverso un ampio lucernario. Il centro del grande cortile è occupato dalla forma surreale che ricorda quella di un enorme teschio di cavallo. Progettata con sofisticate tecnologie informatiche, è la parte più spettacolare della costruzione, quella che maggiormente evidenzia le ricerche decostruttiviste dell’architetto. Contiene una sala riunioni e videoconferenze rivestita in legno, dotata di apparecchiature per la telecomunicazione su schermi digitali. L'interno è reso ancora più suggestivo dalle aperture vetrate e dalle avvolgenti superfici arrotondate. La pelle è costituita da lucenti lamine d’acciaio che ricoprono il volume come i tasselli di un gigantesco mosaico. Questo inquietante "bucranio" sembra sospeso tra la superficie gonfia del pavimento e il "cielo vetrato" superiore. Ne risulta una composizione onirica, composta da superfici galleggianti, materiali pesanti e leggeri, opachi e trasparenti, con continue dilatazioni e compressioni. Sul retro si affaccia il blocco residenziale, la cui facciata ha una struttura contemporaneamente gradonata e ondulata, con oscillazioni sempre più marcate verso l'alto. Le membrane trasparenti e sfaccettate della corte e le forme ondulate del prospetto posteriore evocano le proposte espressioniste berlinesi degli anni Venti/Trenta, da Taut a Mendelsohn e Scharoun. (testo e immagini di Pierluigi ARSUFFI, tutti i diritti riservati)