Ieoh Ming PEI, Deutsches Historisches Museum (ampliamento), Berlin-Mitte, 1998-2003




Il Deutsches Historisches Musem venne fondato nel 1987 in occasione del 750mo anniversario della fondazione di Berlino, su volontà delle autorità tedesche. Inaugurato provvisoriamente nel Reichstag, nel 1988/89 Rossi vinse il concorso internazionale per la sua realizzazione su una vasta area incolta e abbandonata di fronte al Reichstag. Ma con l’improvvisa caduta del Muro, quest’area, sebbene emarginata e desolata, divenne improvvisamente di grande interesse in prospettiva della costruzione del nuovo quartiere governativo. Poco dopo si decise di ristrutturare ed ampliare il Museum für Deutsche Geschichte, aperto dalla DDR nello Zeughaus, uno dei più significativi edifici barocchi della città, voluto nel 1695 da Federico I come arsenale. L’edificio, con ingresso sulla Unter den Linden e un lato sulla Spree, era già stato in precedenza Museo dell’Esercito prussiano e, dal 1952, Museo della Storia tedesca. Nel 1990 il museo venne ribattezzato in Deutsches Historisches Museum. Nel 1995 Pei venne incaricato di ampliarlo con una nuova ala; venne deciso anche di riorganizzare i saloni d’accesso all’interno del corpo antico e di coprire la grande corte con una copertura a volta vetrata, lavori che termineranno solo nel 2006. L’accesso al complesso museale avviene dal lato centrale del vecchio edificio sulla Unter den Linden, da cui si accede al cortile-atrio interno. Da qui partono due itinerari, uno verso l’esposizione permanente sulla storia tedesca dal Medioevo all’età contemporanea, allestita nello Zeughaus, l’altro, attraverso un corridoio che passa sotto lo stretto vicolo Hinter dem Zeughaus che conduce nella nuova ala di Pei, per le esposizioni temporanee e tematiche. L’ampliamento di Pei occupa un lotto trapezoidale di piccole dimensioni, all’interno del tessuto edilizio storico composto da prestigiosi edifici, tra cui lo Zeughaus, l’Altes Museum e la Neue Wache. Lo spazio angusto e la poca luce a disposizione hanno determinato la realizzazione di quattro piani sovrapposti, per 2.700 mq di spazio espositivo. Come in altri musei realizzati dall’architetto, anche questo si caratterizza per la sua volumetria precisa e tagliente, con grandi superfici vetrate. La sezione che ospita le esposizioni è quella in pietra arenaria chiara che si affaccia sulla Bodestraße; negli interni sono presenti più materiali (granito sui pavimenti, calcare sulle pareti, calcestruzzo per i solai), ma tutti della stessa tonalità. I quattro livelli hanno ciascuno una conformazione aperta e diversificata, in modo da differenziare continuamente il percorso. Circa la metà della superficie utilizzata è occupata dal foyer, completamente vetrato, contenente i vari servizi, dalla biglietteria alla libreria. Si sviluppa verticalmente per l’intera altezza della costruzione, facendolo assomigliare ad una torre trasparente, la cui verticalità contrasta con le volumetrie orizzontali degli edifici limitrofi. L’interno è uno spazio complesso, definito da Pei stesso un "teatro urbano", in quanto da qui si possono ammirare gli edifici storici del contesto e la Spree, ed essere visti da chi si trova sulla strada. Qui l’architetto ha mostrato le sue particolari capacità di creare, sfruttando la trasparenza del vetro e la luce naturale, spazi luminosi e giochi di luce e ombre, integrandoli con le prospettive ottiche e le aperture panoramiche determinate da ponti pedonali, scalinate e balconi, che il visitatore percorre per spostarsi da un piano all’altro del settore espositivo. Lo spazio del foyer è quindi un grande vuoto formato da superfici orizzontali e verticali, irregolari, oblique, che, intrecciandosi tra loro, danno luogo ad uno "spazio fluido" che sembra come "avvitarsi" nella scala elicoidale dell’ingresso, l’elemento visivo più caratterizzante dell’opera. La lunga facciata arrotondata che costeggia il padiglione, è completamente vetrata, riflette i palazzi circostanti con un gioco di riflessi che confonde continuamente la prospettiva sovrapponendo interni ed esterni. In questo modo il padiglione viene come smaterializzato ed aperto per dare importanza al movimento, per indurre la gente a entrare e salire. (testo e immagini di Pierluigi ARSUFFI, tutti i diritti riservati)